La sera della prima dello spettacolo “Misericordia” di Emma Dante era seduta nel palco centrale del Teatro Biondo quando i lavoratori hanno letto il documento d’accusa contro la politica e l’amministrazione del sindaco Leoluca Orlando che «fanno morire la cultura e i teatri» Pamela Villoresi che fra una decina di giorni taglierà il traguardo di tre anni alla direzione del teatro di via Roma è preoccupata ma resta al timone della sua nave. Prima la pandemia, adesso la crisi economica dettata dal mancato contributo annuale del socio Comune.

«Non mi sono fatta mancare nulla, ma andiamo avanti», dice Villoresi.

Direttrice, condivide il grido di aiuto dei lavoratori del Biondo e le loro accuse a sindaco, giunta e consiglio comunale?

«Non ero sul palcoscenico con loro quando hanno letto il comunicato di protesta, ma è chiaro che la lotta dei lavoratori è la nostra. Siamo tutti uniti dalle stesse preoccupazioni per la situazione critica in cui si trova il teatro della città, i suoi lavoratori appunto, gli artisti, ma anche tutto l’indotto che c’è attorno».

Si sente abbandonata dalle istituioni che invece dovrebbero sostenere il teatro?

«Sento che non c’è la consapevolezza della gravità di questa situazione. Delle ricadute per il mondo culturale e del lavoro. Se chiudono il Massimo e il Biondo è un fatto storico senza precedenti in Italia. Non so se si rendono conto di questo. I contributi ai due teatri andavano messi in bilancio da sempre, non da ora».

Pensa che il sindaco si stia spendendo per risolvere la situazione?

«Credo che Orlando sappia cosa si sta rischiando e che si stia spendendo per risolvere la situazione, ma mi pare di capire che ci sono sempre una serie di ostacoli. Temo a questo punto che il teatro sia strumentalizzato dal gioco politico e questo non va bene. Gli ospedali, la scuola, le istituzioni culturali sono dei servizi pubblici che non devono essere strumentalizzati politicamente».

Quanto pesa avere perso ancora una volta il treno per diventare Teatro nazionale?

«È un delitto non avere potuto gareggiare per lo status di Nazionale perché abbiamo i conti in rosso a causa del mancato contributo comunale. Noi abbiamo fatto tutto bene, anzi benissimo, ce lo riconosce tutta l’Italia e soprattutto il pubblico. Nessuno meritava questa stangata. Voglio spiegarmi: si tratterà non tanto di “ridurre il cartellone” ma di una differenza di circa 10mila giornate lavorative in meno, che faranno una tragica differenza per una categoria come quella dello spettacolo già ridotta allo stremo dalla pandemia, soprattutto per un teatro come il nostro che ha il 75 per cento di scritturati del territorio. Non credo che la Sicilia se lo possa permettere».

Come direttrice ha dovuto affrontare una pandemia, adesso la crisi economica. Pensa di mollare?

«Perché? Il Biondo è una nave, il capitano non molla il timone nelle difficoltà. Restiamo tutti a bordo sino alla fine. Anche se non veniamo pagati andiamo in ufficio a lavorare e tutti i dipendenti che ancora aspettano il 70 per cento dello stipendio di febbraio stanno garantendo il regolare svolgimento dell’attività teatrale. Certo, non so fino a quando questo sarà possibile. La situazione è drammatica».

Cosa spera a questo punto?

«Che entrino dei soldi da sponsor privati che al momento scarseggiano e che si apra un dialogo per trovare una soluzione. Pi sinergia. Un dialogo pi serrato con le istituzioni per cercare una strada possibile per uscire da questo frangente di crisi al pi presto. Perché la sensazione che infastidisce è anche quella di essere sempre all’oscuro di tutto».

fonte: La repubblica