
Negli ultimi giorni, l’aula del Senato ha dato il via libera al disegno di legge delega che istituisce l’indennità di discontinuità, misura che riconosce agli operatori dello spettacolo, come lavoro effettivo, anche il tempo dedicato alla formazione, alla preparazione e allo studio. Il ddl dovrà passare alla Camera per l’approvazione definitiva e poi giungere all’attenzione del governo che, entro dodici mesi dall’entrata in vigore, dovrà predisporre i decreti legislativi e i tempi di attuazione. “L’approvazione di questo disegno di legge da parte del Senato, segna un momento storico per la nostra categoria – dichiara Luigi Tabita, coordinatore nazionale pro tempore Slc Cgil attrici e attori –. Sarà un’indennità giornaliera che verrà calcolata secondo dei requisiti di accesso come, ad esempio, le giornate lavorative ed il reddito. Ma ancora l’iter non è concluso, il ddl dovrà, infatti, andare in aula alla Camera e, cosa più importante, dovrà ottenere la copertura finanziaria”.
Ore, giorni, anni di studio, e poi di mestiere, trascorsi a perfezionare la dizione, il portamento, i movimenti, per inseguire un sogno che diventa realtà allo schiudersi di un sipario, sopra un palco o dopo un ciak. Un sogno che la pandemia ha trasformato in incubo, quello in cui si sono risvegliati tanti lavoratori dello spettacolo rimasti, dall’oggi al domani, senza stipendio e senza sussidi, con poche e limitate tutele che non tenevano in debito conto il lavoro svolto per raggiungere il frutto di tanti anni di sacrifici. E la questione non riguarda solo attori, musicisti o ballerini, ma anche un gran numero di addetti ai lavori: dagli autori ai tecnici sino ai tanti che contribuiscono alla realizzazione di uno spettacolo.
Il lockdown ha messo in evidenza il grave stato di precarietà in cui operano tanti lavoratori dello spettacolo, settore in cui brillano poche “stelle”, ma che lascia nel cono d’ombra dell’occhio di bue le figure di secondo piano ed i tanti tecnici i quali, senza lavoro, spesso non possono contare su un salvagente economico a cui aggrapparsi. Da qui, l’esigenza di ridisegnare un welfare complessivo per chi vi opera. “Secondo i dati dell’Istat – sottolinea Tabita – tra il 2019 e 2021 vi è stato un calo occupazionale di quasi 55 mila lavoratrici e lavoratori del mondo della cultura, ovvero il 6,7 per cento, il doppio rispetto ad altri comparti. Il nostro settore da troppo tempo è bistrattato e senza tutele. Già prima della pandemia lavoravamo ad alcune proposte che in questi ultimi due anni si sono arricchite e rafforzate grazie anche al lavoro di associazioni e movimenti di categoria. Il “sostegni bis” di maggio ha accolto una serie di misure da noi suggerite: la riduzione dei contributi per raggiungere l’annualità da 120 a 90 giornate; la disoccupazione per i lavoratori autonomi (Alas); la riduzione dei contributi giornalieri, da 100 a 40, per accedere alla malattia; l’obbligo imposto ai datori di consegna ai lavoratori, a fine contratto, della certificazione con retribuzione e contributi versati; le agevolazioni per accedere alla maternità”.
Il ddl approvato dal Senato, include anche l’istituzione del “Registro nazionale dei lavoratori” presso il Ministero della Cultura che sarà utile alle istituzioni scolastiche pubbliche per individuare professionisti che possano supportare le attività extrascolastiche. “Altra questione importante che la categoria ha fortemente voluto nella riforma – aggiunge il coordinatore attrici e attori della Slc – è lo Sportello unico per lo spettacolo che semplifica l’accesso al certificato di agibilità da parte dei soggetti che non hanno quale attività principale la produzione o l’organizzazione di spettacoli. Non siamo, invece, soddisfatti per la forma prevista nel disegno di legge dell’Osservatorio dello spettacolo, nazionale e regionale, che è stato creato come un database, e che, invece, vorremmo fosse un organo di controllo per indurre i datori a rispettare in primis il contratto collettivo nazionale. Tema essenziale, infine, è quello della formazione e del riconoscimento dei titoli”.
Il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione “sulla situazione degli artisti e la ripresa culturale nell’U.E.”, volta a stabilire principi e a conferire indicazioni per la Commissione Europea che viene anche invitata ad approvare lo “Statuto europeo dell’artista”, circostanza che lascia presagire che, quella che dovrà varare il governo, non sarà una riforma al ribasso. “Questo impulso – argomenta Tabita – ci fa ben sperare. L’Europa ci chiede maggiore protezione per le lavoratrici e i lavoratori del comparto con la creazione di uno “Statuto europeo dell’artista” che definirebbe standard minimi e condizioni di lavoro comuni a tutti i Paesi membri e riconoscerebbe anche qualifiche e diplomi culturali, favorendo una positiva mobilità transfrontaliera”.
Giovani che avevano iniziato una formazione nel settore spettacolo, constatate le difficoltà subite da una parte dei lavoratori nel corso del lockdown, hanno deciso di interrompere gli studi per trovare uno sbocco in un settore più solido, risvegliandosi bruscamente dal sogno che avevano deciso di rincorrere. “Nessuna pandemia o catastrofe può fermare una persona che sceglie di fare questo mestiere, l’urgenza di chi sceglie di farlo è troppo grande e forte ed è proprio questo il motore della professione. La pandemia, però, ci ha ricordato che questo è un mestiere e che, come gli altri, ha i suoi orari, una paga, contributi da versare, riposi che vanno rispettati. Oggi mancano le numerose opportunità di lavoro del passato e quindi bisogna essere molto preparati e determinati. Tuttavia, secondo me, – chiude Luigi Tabita – resta ancora il mestiere più bello del mondo”.